L’educazione sentimentale

A volte riesco a farmi una mezz’oretta di corsa. Infilo le cuffie dell’ipod nelle orecchie e parto per un giro tra i campi gialli a grano e gli ulivi a volte potati tipo bonsai. Mi isolo acusticamente da dove sono per assorbire meglio gli odori, un po’ come un profano davanti ad un vino eccezionale. E mentre corro, assaporo. E mentre assaporo ascolto. E mentre ascolto la mente ruota a palla. la palla gira, sbatte contro i campanelli del flipper e io spingo al limite sfidando il tilt.

Una copertina per terra con mezza tetta spiaccicata sopra, i colori macerati dalla giornata di sole. La tetta su un giornale. L’educazione sentimentale dei pepecchi.

Quando ad inizio primavera si fremeva guardando la buca delle lettere. Fino a quando arrivava quel faldone che era il Postal Market (altro che catalogo IKEA). E lì il diluvio. Un’intera generazione “si è fatta le ossa” su quella rivista (poi c’era il ripasso con Vestro, ma era un’altra cosa: come i gelati sanson rispetto al cornetto algida).

So di cosa parlo: ne ho le prove. Si formavano gruppi di lettura. E nelle pagine della biancheria intima femminile cercavamo di scoprire quelle cose che i nostri genitori ci negavano (ricordo le copertine dell’espresso girate all’ingiù nel salotto di casa).

Sia chiaro: non si vedeva nulla. Ma si sognava tutto il mondo sentendo che il mondo girava anche lì.