Riaprire, un post

Vado contromano.
Credo che sia giusto per bar e ristoranti attendere per la riapertura.
Perché queste attività non vendono solo cibo: questo lo si può fare in take away, oltre che in delivery, da lunedì.
Queste attività sono un pezzo della socialità e convivialità.
E ritengo che sia il bene più prezioso da presidiare e non bruciare: in questi due mesi abbiamo imparato a sfangarla in cucina ma ci mancano gli amici al tavolino a ridere e scherzare (almeno a me).
Aprire adesso, subito, temo possa bruciare questo capitale.
Perché se non abbiamo, oltre a procedure e protocolli interni alle aziende da rispettare, anche un modello di protezione generale che dia supporto, sostanza e sicurezza a tutti e mi riferisco ai sistemi di tracciamento, ai test sierologici, alla mappatura epidemiologica, ad una messa a punto dei sistemi sanitari a livello territoriale allora possiamo aprire quando vogliamo ma credo che saranno in pochi a volersi sedere senza guardarsi alle spalle (no, il plexiglas no).
Quello che è indispensabile è non perdere un minuto di tempo in più per l’iniezione di liquidità. Questo è il ritardo che ci ammazza e che al contrario ci permetterebbe anche di stare chiusi qualche settimana in più aspettando che tutte quelle cose che ho scritto prima si mettano in fila: il dibattito su queste misure va avanti ormai da due mesi e va messo un punto.
Questi soldi che arrivano sono prestiti da restituire, certo. Nessuno si illude e vuole che gli venga regalato qualcosa.
Ma abbiamo bisogno di fiducia e le istituzioni devono essere in grado di metterla in campo.
Basterebbe avere tempestività e allineamento tra conferenze stampe e successiva implementazione delle procedure.
Basterebbe la serietà.

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